Per chi ama la natura incontaminata e selvaggia una discesa lungo quello che è considerato il tratto più bello di tutto il percorso del Po. In otto seduti sul bordo del gommone si viene accompagnati nel percorso dal grande fiume, spesso sospinti dalle braccia che pagaiavano per avanzare nell’acqua quando era quasi ferma o quando il vento contrario ostacolava la discesa.


Il Po non è il Colorado, ma se preferite l’emozione che offre il paesaggio spettacolare della natura invece della adrenalina, questo soft rafting sarà l’ideale.
Oltre alla pace tipica che infonde il tranquillo scorrere delle acque si può scoprire un universo nuovo che si può vedere solo quando si cambiano i punti di vista (esercizio assai poco diffuso). Si vedranno le, frane che inesorabilmente mordono la collina strappandogli grandi lembi di terra coperta di alberi, o massi di tufo rotolati nel fiume.

Ma negli oltre 20 chilometri di percorso che durano oltre un paio d’ore si possono vedere anche tante bellezze, in qualche caso vere e proprie chicche come il campanile di una chiesa (Cantavenna) che spunta dalle cime degli alberi o l’ex convento immerso nel verde proprio sul fronte di una collina che sembra l’enorme prua di una nave coperta di vegetazione. Persino il tufo delle colline messe a nudo dalle frane descrive diverse sfumature di colore a secondo del materiale che nei secoli si è stratificato, quasi volesse raccontarci la sua storia millenaria.
Non avete ancora finito di guardare un particolare che vorreste vedere meglio, vorresti capire, che il raft sta già andando oltre e quella specie di film che scorre davanti agli occhi adesso propone già un’altra storia. Le colonie di numerosi Cormorani che si agitano lassù sopra le colline e sopra gli alberi.
Le loro grida si sentono da lontano, sui rami spogli si possono vedere gli intrecci che costituisco i loro nidi realizzati da becchi esperti. Non vate ancora finito di guardare la scena che, forse spaventate da quell’aggeggio colore arancio che scorre silenzioso, partono in volo alcune anatre.
E poi distese di pietre portate dalla corrente che si alternano a fitte boscaglie che non avrebbero nulla da invidiare, d’estate, alle più famose foreste tropicali. Chissà che meraviglia dev’essere con la neve d’inverno e d’autunno e già pensi di ripetere l’esperienze in altre stagioni e intanto laggiù qualche pesce salta fuori dall’acqua con il tipico tonfo quando vi ricade dentro. Fuori, sulle sponde, con un po’ di attenzione e di fortuna, ti può capitare di vedere tante varietà di uccelli: aironi, arzette, fischioni, marzaiole, corrieri, sterne, martin pescatori.


Raramente capita, girandosi attorno a 360 gradi, di non vedere tracce della presenza umana: niente costruzioni, niente viste di pali per cavi elettrici, niente antenne per telefonini, niente rottami di qualche impianto... niente rumori di origine umana, solo il fluire delle acque, il canto degli uccelli e lo stormir di fronde agitate dal vento.
Questo può accadere per lunghe tratte di questa discesa sul Po. Una vista unica per la sua bellezza in tutti i suoi 652 km di lunghezza da Pian del Re alla foce.
Ma se qualcuno proprio non può fare a meno della “civiltà”, se la vista di qualcosa di umano vi dà sicurezza, se la presenza della natura incontaminata, padrona, dominatrice vi dà una certa sensazione di piccolezza, di solitudine quasi di ansia, non spaventatevi, di lì a poco, passando all’altezza di Trino potrete vedere uno dei simboli della potenza umana: una centrale nucleare ormai chiusa da anni.
E’ proprio lì davanti a voi come una mastodontica scultura silenziosa, vi scorre davanti agli occhi a un tiro di schioppo così vicina come forse non ne avete mai viste.

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