Lunedì 22 aprile 2019 a Verrua Savoia (TO)

L’Associazione Culturale La Rocca in collaborazione con Cammini DiVini di Augusto Cavallo organizza per la giornata di Pasquetta una camminata naturalistica tra le colline di Verrua Savoia con partenza ed arrivo dalla Fortezza sabauda.



Ritrovo alle ore 9,00 in Fortezza per le iscrizioni. Partenza alle 10,00
Si tratta di un’escursione di circa 10 km. con visita al vicino geosito per ammirare i resti fossili del Mare Padano, e prosecuzione lungo i saliscendi del Comune Verruese tra prati, boschi e borgate con viste panoramiche sulla sottostante Pianura Padana e su tutto l’arco Alpino. Ci sarà un ristoro per dissetarsi a metà percorso prima rientro al punto di partenza entro le ore 13,30.



L’escursione sarà condotta da Guide Escursionistiche professionali con la collaborazioni di istruttori di Nordic Walking
A seguire pranzo in Fortezza sul Dongione (dettagli qui sotto….)
Pomeriggio divertente con animazione e giochi della tradizione contadina

LA PRENOTAZIONE E’ OBBLIGATORIA

Costi: €. 5 cad. la sola camminata - € 20 cad. comprensivo di escursione guidata, picnic (assaggi dalla tradizione piemontese, primo, dolce, acqua e caffè)

Vini, bibite e altre bevande escluse.
Per i bambini fino a 12 anni costo forfait di €. 10
Il servizio Bar sarà aperto dalle ore 9,00 fino al termine della manifestazione.
Verrà consegnato un Premio (a sorpresa) per il gruppo più numeroso
Si consigliano: calzature da trekking, scorta d'acqua e abbigliamento comodo e adeguato alla stagione.
I bastoncini da Nordic Walking verranno messi a disposizione gratuitamente dagli organizzatori fino ad esaurimento disponibilità.



Per Info e prenotazioni:

Augusto +39 339 4188277 – mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
http://camminidivini.altervista.org/
https://www.facebook.com/augustonordic/
In caso di maltempo o cielo coperto la camminata sarà annullata.
I partecipanti non dovranno allontanarsi dalla guida per tutto lo svolgimento della camminata. Ogni partecipante è responsabile della propria incolumità.


Pasquetta in Fortezza

La cucina del Piemonte è spesso sinonimo di preparazioni opulente e dai sapori decisi, magari da assaggiare nelle classiche piole e da accompagnare con la ricchissima offerta vinicola. Di streetfood piemontese, invece, si sente parlare molto meno. Peccato, poiché si tratta di un panorama ricco di storie affascinanti, che spesso tengono in vita ricette che altrimenti rischiavano di scomparire.Ricette che, un tempo, non potevano mancare nella merenda (o marenda) sinoira, una sorta di streetfood ante litteram.

Prima di diventare una tendenza e un genere imprenditoriale, il cibo da strada era quello dei contadini, che durante la stagione estiva, sfruttavano tutte le ore di luce per completare il loro lavoro e così avevano bisogno di rifocillarsi con un pasto sostanzioso, spesso consumato nei campi. Ecco spiegato l’antico detto locale che recita “San Giusep a porta la marendaantelfassolet, San Michel a porta la marenda an ciel”: la merenda, che si portava dentro al fazzoletto (soprattutto a base di pane, formaggio e salumi) era usuale nel periodo che va dalla festa di San Giuseppe (19 marzo) a quella di San Michele (29 settembre), poi cambiavano i ritmi quotidiani, andando verso l’inverno.

Questa usanza caratterizzava altresì la vita familiare: per i più altolocati rappresentava un’occasione di ritrovo, all’aperto, nella cornice delle ville nobiliari, mentre per il popolo era il momento conviviale della sosta per spezzare la giornata di lavoro spesso condiviso collettivamente; in tavola comparivano specialità come la muletta, i friciulin, le ancjoe al vert.





La Muletta salame crudo “De.Co”

Prodotto dal Salumificio Miglietta di Serralunga di Crea; non è prodotta e confezionata con carni o budella di mulo, ma deve il suo curioso nomignolo ad una storia simpatica che noi consideriamo plausibile. Alcuni soldati delle nostre terre, di ritorno da Trieste dopo aver partecipato alle guerre risorgimentali, memori di aver gustato un delizioso salame dalle dimensioni inusuali e ben disposto alla lunga stagionatura, lo riprodussero in loco. Al momento di dare un nome a questo nuovo prodotto si ricordarono con nostalgia delle deliziose ragazze triestine, le “Mule” e decisero che la loro creazione si dovesse chiamare “Muletta”.

I Friciulin

Nel DNA di ogni piemontese è radicata la parola parsimonia e la regola che non si butta mai via niente perché “assamai” (non si sa mai, potrebbe sempre servire).Il nostro amico Oreste (grande esperto e cultore della tradizione dei friciulin) ci spiega che la ricetta è nata dalla necessità di riciclare gli avanzi e utilizzare le uova di cui nelle cascine si aveva disponibilità in abbondanza, oltre che all’utilizzo delle erbe e verdure che crescevano spontanee nei campi. E’ un piatto della cucina “di tutti i giorni”, ossia dei giorni di lavoro. Nell’ottocento i contadini mangiavano la polpa della carne solo nelle grandi feste dell’anno; e le domeniche se andava bene cucinavano frattaglie, allora poco pregiate, friggendole o annegandole nelle famose bagne o bagnetti. Come ogni piatto della tradizione ne esistono svariate versioni, non solo ogni Paese ha la sua, ma addirittura anche all’interno della stessa famiglia a volte esistono diverse interpretazioni.

Le Acjoe al Vert

In molte ricette tipiche piemontesi troviamo le acciughe. È una storia orgogliosamente piemontese, oltre che ligure. Un tempo, gli abitanti delle vallate, nei mesi invernali lasciavano le case per cercare una temporanea fonte di guadagno: così nacque la figura dell’acciugaio (anciuè in dialetto), che dal Piemonte raggiungeva i porti liguri con il caruss (il carretto), acquistava le acciughe per rivenderle di paese in paese. In molte ricette tipiche piemontesi troviamo le acciughe. In questa regione lontana dal mare questo prezioso pesce azzurro arriva sotto sale molto probabilmente dalla Liguria e dalla Francia.La storia delle acciughe in Piemonte è legata al contrabbando del sale che arrivava (nel regno dei Savoia) dalla Francia attraverso le Alpi. In quel tempo le acciughe erano più economiche e venivano impiegate per nascondere il sale nell’attraversamento delle dogane.

La Toma

Formaggio piemontese a pasta semicotta. La parola ‘Toma’ ha origini piuttosto incerte; i dizionari dell’Ottocento ci informano sulla presunta etimologia del termine e identificano l’ambito semantico della Toma, termine fino ad allora usato in Piemonte come sinonimo di formaggio. Secondo altre fonti il termine deriva dall’origine etimologica ‘tomare’cioè cadere riferendosi alla precipitazione che la caseina subisce nel latte per azione del caglio. Un’altra versione poco accreditata fa risalire la denominazione Toma al vocabolo francese ‘tomme’, che identifica il nome di alcuni formaggi simili prodotti nella vicina Savoia. La tecnica produttiva della Toma Piemontese è fin dall’epoca medievale strettamente legata all’areale alpino piemontese e in particolare ai margari che sfruttavano i pascoli montani nel periodo estivo per poi ridiscendere nel fondovalle o in pianura in quello invernale. La pratica della transumanza ha influito costantemente sulla grande frammentarietà sia dei luoghi che delle sue tecniche di produzione.

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